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Baba Residence


 

Baba Residence

IDEAS FACTORY

Sofia | Bulgaria

 

Ideas Factory è una di quelle organizzazioni che, trovata per caso, ha risposto con entusiasmo alla nostra mail: “Certo, venite, collaboriamo!” I pochi giorni che abbiamo trascorso con loro ci hanno dato l'opportunità di scoprire i loro progetti, capirne la missione e le passioni. Tra i tre progetti principali organizzati da Ideas Factory, Baba Residence è quello che ci ha affascinato di più.

Frederique Mayer: Baba significa nonna in bulgaro. Il concetto è quello di mettere insieme due gruppi molto diversi, ossia giovani di città e anziani di villaggi rurali. Ideas Factory invia una volta all'anno, per tutto il mese di settembre, dei giovani in alcuni villaggi.

I ragazzi alloggiano nelle case di persone anziane. Il loro compito principale è ascoltare e raccogliere storie, sebbene nel frattempo partecipino anche alla vita del villaggio, aiutando nelle eventuali necessità.

Yoana Stoyanova: Quando ho partecipato al progetto, prima di iniziare a lavorare in Ideas Factory, uno dei problemi per cui gli abitanti del villaggio ci hanno chiesto aiuto è stata la riparazione del tetto della chiesa, completamente coperto da erbacce. La prima settimana ci siamo dedicati alla pulizia, arrampicandoci ogni mattina sul tetto. C'era sempre qualcuno in giro, alcune persone hanno portato gli strumenti, altre del cibo, altre si sono unite a noi nel lavoro. È così che, poco a poco, abbiamo ottenuto la loro fiducia, hanno visto che non eravamo li solo per prendere qualcosa, ma anche per dare. Per comunicare.

Ma prima che questo diventi possibile c'è un lungo processo di preparazione, visitare il villaggio, spiegare l'idea e iniziare a creare un rapporto di fiducia.

Yoana: Ottenere fiducia è un processo molto lungo. Ideas Factory di solito incontra la gente del posto molto prima che il progetto parta, per spiegare l'idea al sindaco o ad altre persone chiave. Quindi, un successivo incontro per conoscere le persone anziane e raccontare loro il significato del progetto, chiedere fiducia e di accettare di ospitare altri. In seguito andiamo anche a partecipare alle feste specifiche del villaggio, aiutando in diverse mansioni. E solo alla fine loro decidono se vogliono aprire le loro porte ai ragazzi.

Dopo che i ragazzi hanno trascorso un mese con gli abitanti del villaggio, organizzano un evento insieme, che è una sorta di cartina tornasole della qualità della relazione che sono riusciti a costruire. Dopo essere tornati nelle città i partecipanti lavorano ad un progetto scelto per un villaggio in particolare, in base ad esigenze ed idee specifiche.

Militsa Dzhandzhova: Il mio progetto con il villaggio riguardava l'arte, volevamo mostrare nuovi modi di fare arte ai bambini di 6-10 anni. Avevano già qualche programma a scuola, ma non era abbastanza per sviluppare le proprie capacità.

Yoana: Questo villaggio era una realtà particolare, di solito ci sono solo persone anziane. I progetti che scegliamo per loro sono basati sulla cultura specifica del villaggio. I villaggi possono essere così diversi... alcuni sono cattolici, alcuni musulmani ... Una ragazza che è stata in un villaggio musulmano e sta ancora lavorando con la sua “nonna”. All'inizio è stato molto difficile per lei costruire relazioni, non si fidavano di lei, per esempio non volevano mostrarle il telaio, che usano ancora per tessere. Ma alla fine l'hanno accettata, le hanno insegnato come usarlo e hanno iniziato a lavorare insieme. Lei continua a proporre nuovi design, collaborando per trovare nuovi modi di condividere i prodotti degli abitanti del villaggio con altre persone. Ha anche organizzato insieme a Ideas Factory una campagna di crowdfunding per registrare canzoni cantate dalle donne di questo villaggio. Questi sono i risultati che inseguiamo.

E questi risultati, in particolare se raggiunti da persone che non sono mai state coinvolte prima in alcun tipo di progetto sociale, sono energia pura per gli attivisti di Ideas Factory.

Yoana: L'idea che sta alla base di tutti i progetti, Baba Residence, ma anche Social Innovation Challenge o Empatheast, è quella di connettere mondi che non sembrano simili o rilevanti l'uno per l'altro. Ad esempio, persone che lavorano nell'amministrazione o in ufficio e progetti con impatto sociale. Anche queste persone hanno capacità da condividere, non vogliamo coinvolgere solo coloro che già lavorano nel sociale.

Ekaterina Leondieva: Uno dei problemi è che le persone non sanno di poter contribuire. Ecco perché cerchiamo di comunicare a diversi tipi di persone ciò che facciamo, cosi sempre più gente sa che ci sono altre strade, non solo lavorare per l'ONU o qualche altra grande organizzazione, che magari ha anche pratiche discutibili. Chiunque può fare qualcosa di significativo, iniziare qualcosa in proprio. Spetta a noi far si che succeda.

Anche se farlo accadere è un compito abbastanza impegnativo.

Yoana: Credo che la cosa più importante sia creare un legame con persone diverse, altre generazioni. Andare nei villaggi, nelle strade e parlare con la gente. È difficile, lo sto ancora imparando come costruire una vera connessione.

Militsa: E’ fondamentale credere di poter iniziare un cambiamento. Sognarlo.

Ekaterina: L’educazione è necessaria per aiutare le persone a comprendere il nocciolo di un problema.

Frederique: E ascolta il tuo cuore. Tutti hanno empatia e capacità di costruire relazioni. Prova a ritrovarle. In fin dei conti siamo tutti esseri umani.

 
 

Maggiori informazioni su Ideas Factory: ideasfactorybg.org

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