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Pensare dentro agli schemi



Anna: L'intervista di oggi sarà con... Andrea, che finalmente avrà lo spazio per approfondire un po' la permacultura. Ci è stato chiesto molte volte durante i nostri eventi, workshop o dopo aver pubblicato alcune storie di changemakers cosa si intende con “permacultura” e abbiamo pensato che sarebbe stato utile rispondere con un testo, riportando anche vari esempi di fattorie e progetti di permacultura che abbiamo conosciuto nel corso degli anni. Ma partiamo dalle basi. Andrea, cos'è la permacultura?

Andrea: La permacultura, in soldoni, è un insieme di principi, di linee guida, per progettare spazi che siano sostenibili. Nasce negli anni '70 in Tasmania, in Australia, da Bill Morison e David Holmgren come pratica agricola alternativa, ispirata dall'approccio alla natura degli aborigeni. Con il tempo è diventato un concetto sempre più ampio, andando ad abbracciare modi di fare le cose, di intendere gli spazi e di stare insieme. La parola "permacultura" nasce come forma contratta di "agricoltura permanente", ma ora è piuttosto intesa come "cultura permanente", per includere anche le dinamiche sociali.

Scherzosamente, in inglese definisco la permacultura come un modo di pensare “inside the box” - che tradurrei con il gioco di parole “pensare dentro agli schemi”. Gli spazi in cui viviamo sono sempre finiti, come una scatola. Se abitiamo in un appartamento, abbiamo un certo numeri di metri quadri; se abbiamo una fattoria con del campo, anche questi hanno uno spazio limitato; persino il nostro pianeta Terra non è infinito. Se vogliamo costruire qualcosa di permanente o sostenibile nel tempo dobbiamo capire cosa entra nella nostra scatola e cosa ne esce e rendere questi flussi stabili ed equilibrati. La permacultura fornisce linee guida che aiutano a pensare, migliorare e ottimizzare gli spazi in modo che diventino più sostenibili.

Anna: Significa utilizzare meno risorse possibili?

Andrea: Non necessariamente. Significa stare attenti alla quantità di input, di risorse che immetti - e per risorse non intendo solo l'elettricità o l'acqua, ma anche i soldi, il tempo, la tua fatica, la tua energia. L'idea è di farli circolare nel tuo sistema il più possibile e bilanciare le risorse che escono con quelle che entrano.

Anna: Potresti fare un esempio?

Andrea: L'esempio più classico in permacultura è l'acqua. Ovunque tu viva, sia in appartamento che in una fattoria, hai bisogno di una certa quantità di acqua per sostenerti. Nel sistema attuale l'utilizzo dell'acqua è molto spesso lineare. Entra, la usi per lavare qualcosa o per tirare lo sciacquone e quasi subito se ne va, senza essere sfruttata al meglio. In questo modo hai bisogno di moltissima acqua. Un sistema non sostenibile. In permacultura cerchiamo di studiare i nostri spazi e fare in modo che l'acqua rimanga nel sistema il più a lungo possibile, circolando in luoghi diversi, utilizzata per funzioni diverse. Magari hai uno stagno o un serbatoio dove puoi conservare l'acqua e usarla in vari modi prima che esca dal sistema.

Anna: Ricordo, ad esempio, che nella fattoria dei Green Warriors nelle Filippine l'acqua della nostra doccia andava direttamente alle piante. È questo che intendi?

Andrea: Esattamente! Puoi raccogliere l'acqua piovana, filtrarla e poi usarla per la doccia o per lavare le cose. Oppure filtrala meglio e usarla per cucinare, come abbiamo fatto all'Oasis Boliviano e in altri luoghi. Poi puoi filtrarla di nuovo, magari con le piante adatte (si chiama fitodepurazione), e puoi usarla per annaffiare il tuo orto.

Un altro interessante esempio di risorse usate in maniera creativa è la food forest. Immagina un pezzo di terreno in cui il cibo viene prodotto da piante perenni, fondamentalmente alberi e arbusti, e non da piante annuali. Questo sistema è costruito per utilizzare il più possibile lo spazio a disposizione. Alberi e piante sono ammassati tutti insieme e c'è una grande diversità, come succede in una foresta. Lo scopo e' utilizzare diversi livelli: ci sono alberi alti, alberi piu' piccoli come il limone o il melograno, poi magari viti o kiwi che si aggrappano alle altre piante; poi arbusti, piante da sottobosco e infine le radici - tanti strati diversi che possono coesistere per ottimizzare lo spazio. Le piante scelte per la food forest sono tutte commestibili o comunque hanno una chiara funzione nel design. Dopo alcuni anni, quando la foresta è attiva e in produzione, si ottengono molti prodotti differenti con l'unico imput di mantenere bilanciato lo sviluppo delle piante. Se la costruisci bene, non devi seminare, concimarla o lottare costantemente contro i parassiti, un po' come fa un bosco naturale.

Anna: Mi fa venire in mente uno dei principi della permacultura che ho imparato a Żywa Ziemia: ogni cosa dovrebbe avere più di un uso. È giusto?


Andrea: Si. Per essere sostenibili non è una buona idea concentrare le proprie energie su qualcosa che ha una sola funzione. Di regola, dovrebbe averne almeno tre. Qui l'esempio più comune sono i polli. Normalmente vediamo i polli come fonte di uova o carne, tutto qui. Pensando ai polli in questo modo, concentrandosi solo su quella funzione, finiamo per costruire il sistema di produzione che abbiamo adesso, dove migliaia di polli sono ammassati in stanzoni, per crescere velocemente, venire uccisi e mangiati. Se guardi una gallina dal punto di vista della permacultura, allora ti rendi conto che ha i sui bisogni, che vanno oltre il cibo e l'acqua. Ha bisogno di riparo, aria, polvere, ma anche un ambiente pulito e asciutto. E ci offre altro oltre alle uova e la carne, per esempio va in giro a mangiare parassiti, crea letame (la cacca, che può essere usata per concimare le piante), ruspa il terreno, aprendolo e facilitando cosi la crescita delle piante. Se gli dai gli avanzi dei tuoi pasti si mangia cio che le piace e sminuzza il resto, facendo in modo che si decomponga più velocemente, restituendo nutrimento al terreno.


Anna: La permacultura è una cosa che puoi praticare solo in campagna?


Andrea: No, puoi farlo in qualsiasi insediamento umano, si puo' applicare anche nelle città. Si chiama permacultura urbana e aiuta a ottimizzare lo spazio in casa, ad esempio tenendo in considerazione la posizione della casa e le condizioni dell'aria, da dove soffia il vento, a dove sorge il sole. E le dinamiche nel tuo condominio o quartiere. Inoltre, la permacultura può essere il modo in cui trattiamo con le persone. Ci sono tre basi etiche su cui e' costruita la permacultura: prendersi cura della terra, prendersi cura delle persone e condividere il surplus. Questi sono i pilastri alla base dei 12 principi. E i 12 principi sono le linee guida che vanno seguite nell'approccio ad un progetto, quando crei qualcosa.

Anna: Puoi farci alcuni esempi di questi principi?


Andrea: La maggior parte dei principi ha lo scopo di regolare la circolarità, ottimizzando l'uso delle risorse, ad esempio: evitare di produrre rifiuti. Utilizzare e valorizzare le risorse rinnovabili. Raccogliere e immagazzinare energia. Utilizzare e valorizzare la diversità. Quando abbiamo parlato di galline abbiamo visto come ogni singolo elemento dovrebbe avere più di una funzione ma è vero anche il contrario: ogni singola funzione dovrebbe essere svolta da più di un elemento. Ad esempio, nella stragrande maggioranza delle case della classe media in tutto il mondo l'acqua arriva dalle tubature. C'è un sistema centralizzato che pompa l'acqua dal terreno e la porta nei nostri appartamenti. Se quel sistema viene meno, caput, finito. Non c'è altro modo per le case di avere l'acqua. L'idea è di avere più sistemi che contribuiscano alla stessa necessità. E se oltre ad avere una tubatura ogni casa immagazzinasse anche l'acqua piovana invece di buttarla direttamente nelle fogne?


Anna: Sì, immagazzinare acqua sembra essere una delle priorità nella maggior parte dei luoghi di permacultura che ho visto. E come è iniziata la tua avventura con la permacultura?

Andrea: La prima volta che ho sentito la parola permacultura è stato nel 2016 nelle Filippine, quando abbiamo visitato la fattoria dei Green Warriors, menzionata prima. Li organizzano corsi per insegnare la permacultura e invitano volontari a collaborare nella gestione del posto e dei campi. Noi siamo stati volontari per una settimana. Ma la svolta è arrivata un po' più tardi, nella comunità di Kadagaya in Perù. E' li che i concetti mi son diventati più chiari. Ho potuto leggere libri e discutere vari approcci con i membri della comunità. Un altro passo importante è stato lo stage presso il Food Forest Institute in Austria, dove ho trascorso 4 mesi. Siamo stati in molti altri posti, ma alla fine la verità è che i momenti in cui ho imparato di più sono stati quando mi sono focalizzato sui luoghi in cui mi trovo e lavoro più spesso, ad esempio la fattoria di famiglia a Fano o Żywa Ziemia in Polonia, ma anche l'appartamento di Łódź. È dove osservo e penso a come le cose potrebbero essere fatte meglio, quali sono i problemi e come potrei affrontarli con un approccio di permacultura.


Anna: È interessante che hai fatto questi tre tipi di esempi perché mi sembrano abbastanza diversi. Alla fattoria dei Green Warriors c'era un retrogusto spirituale, ricordo che abbiamo partecipato a vari rituali; A Kadagaya, d'altra parte, per tutto c'era un approccio scientifico e la spiritualità non e' mai entrata in gioco. Al Food Forest Institute era presente il lato scientifico, ma il focus principale era educare e sperimentare. Tutto ciò che abbiamo costruito era in un certo senso temporaneo, solo per vedere se funzionava e in un tempo relativamente breve veniva distrutto per dar spazio a qualcos'altro.

Andrea: È perché la permacultura non riguarda la filosofia o la visione del mondo che hai. Suggerisce come fare le cose. Indipendentemente da come la pensi.


Anna: Un'aspetto di cui ho sentito spesso parlare in permacultura e' che dovrebbe ottimizzare il lavoro umano cosi che possiamo lavorare di meno, ma in realtà tutte le fattorie di permacultura che ho visto finora richiedono un sacco di lavoro. Come vanno insieme queste due cose?

Andrea: Questa è una parte di cui sono un po' meno soddisfatto quando leggo o ascolto di permacultura. Coloro che divulgano questo approccio spesso raccontano che una volta che hai un sistema a pieno regime il gioco è fatto, puoi sederti e rilassarti, ma in realtà non è mai così. C'è bisogno di un lavoro costante per far andare avanti le cose. Altrimenti la natura prende il sopravvento e trasforma il tuo sistema. C'è sempre qualcosa da fare, qualcosa da migliorare, qualche nuova idea. Non ho mai incontrato un posto che fosse perfetto, fatto e finito, dove puoi semplicemente goderti lo spettacolo. Se lavori con la terra, le piante, gli animali, c'è sempre un sacco da fare e c'è da sporcarsi.


Anna: Perché farlo allora?


Andrea: Per diverse ragioni. Prima di tutto, è un approccio diverso al fare le cose. Se non sopporti il modo in cui le cose vengono fatte nel modo convenzionale, devi trovare alternative e la permacultura e concetti simili sono tra quelli che hanno più senso per me. E una volta che trovi una approccio che ha senso fai fatica a non fare le cose in quel modo. E poi perché stare in natura, stare con gli animali e le piante è proprio un bel modo di vivere. È come meditare.


Anna: Quali altre sfide hai incontrato?

Andrea: Ci sono due cose che mi vengono in mente. La prima è da una prospettiva più generale: perché la permacultura e altre alternative fioriscano, diventino più popolari e abbiano un impatto reale, bisogna che cambi l'atteggiamento delle persone. Tutti noi dobbiamo vedere le cose in un modo diverso. E non è facile. Mi piace credere che stiamo andando in questa direzione e vedo sempre più persone interessate alle situazione in cui si trova il nostro pianeta e pronte ad agire di consequenza. La seconda è più pratica. La permacultura non ha reinventato la ruota. I permacultori ricercano come si facevano le cose prima dell'agricoltura convenzionale, studiano le nuove tecnologie e cercano di fare una sintesi. Ma anche questo non è facile. Capire quali pratiche sono vantaggiose, sane e utili, anche se magari storicamente sono giustificate da motivi religiosi/metafisici, e quali meno, che magari non hanno altra spiegazione se non il buon vecchio “è sempre stato così”. Devi cercare di capire la logica dietro ogni singola cosa. È una ricerca continua.


Anna: Sappiamo com'era prima, abbiamo una mezza idea di come è adesso; e il futuro? Come vedi la permacultura negli anni a venire?

Andrea: Immagino vada a confluire nel mainstream, nel senso che arriverà ad influenzare il modo in cui le cose vengono fatte in generale, diventerà parte della nostra cultura. Alcuni principi di permacultura diventeranno (o torneranno ad essere) semplice buon senso. Questo è ciò che spero e ciò per cui lavoro.


Anna: Se volessi aiutare questo cambiamento, se volessi diventare una permacultrice, da dove dovrei iniziare?


Andrea: C'è molto materiale in Internet. Chi pratica permacultura è aperto a condividere idee, concetti e sementi. Lo scambio di semi è una pratica molto comune. Un'altra cosa che suggerirei è trovare un gruppo di persone, un'organizzazione, una associazione locale. Al giorno d'oggi la permacultura è diffusa praticamente ovunque. E imparare facendo: visitare una fattoria, farci del volontariato.


Anna: E perché proprio la permacultura tra le tante idee alternative?

Andrea: Quello che mi piace della permacultura è che non ti dice cosa devi fare. Si limita a suggerire il modo di affrontare un problema. Ad esempio, ti dice di sederti e osservare prima di intraprendere qualsiasi azione. Ti dà linee guida, non soluzioni. Detto questo, apprezzo e pratico anche approcci simili, ad esempio l'agricoltura rigenerativa che abbiamo incontrato a Siolta Chroi in Irlanda.

Anna: Questo mi ricorda Joanne di OURganic Gardens, sempre in Irlanda, che diceva che tutti i bravi giardinieri hanno più di 60 anni perché servono 30 anni di osservazioni, per poi cambiare, adattarsi e cambiare ancora, per avere davvero dei risultati. Sembra essere un processo costante in cui non raggiungi mai veramente la fine.


Andrea: È un apprendimento continuo e un miglioramento continuo. Più fai le cose, meglio le capisci e più vuoi cambiare. Non c'è modo di fermarsi e godersi il panorama.


Anna: Anche se godersi il panorama dopo una giornata di duro lavoro in natura e con altre persone è qualcosa che aggiungerei sicuramente al menu. Grazie Andrea, e mettiamoci all'opera!* :)


* Se vuoi unirti a noi in attività pratiche e scoprire l'approccio della permacultura in pratica, controlla i nostri corsi [link alla formazione] o contattaci per informazioni e opportunità di collaborazione.





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