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Non farlo, a meno che tu non voglia


 

Uno dei nostri propositi per il nuovo anno è quello di imparare di più su come funzionano le comunità. Cosa sono? Come costruirle? Come prendono le decisioni? Come gestiscono i conflitti? Anche se abbiamo avuto precedenti esperienze con diverse comunità, queste di solito erano costituite intorno ad un posto o limitati ad una sola famiglia. Sognando la nostra comunità un giorno, vogliamo scoprire modelli diversi e modalità di funzionamento in comunità intenzionali, avviate in seguito ad una decisione consapevole dei loro membri. E’ venuto fuori che Casa de Cultura Permanenta a Cluj-Napoca, in Romania, è un luogo ideale per l'apprendimento. Innanzitutto, nella sua ricca biblioteca abbiamo trovato un libro che ripercorre passo dopo passo il processo di creazione di una comunità e tutte le sfide ad esso connesse. In secondo luogo, la Casa stessa ha attraversato diverse fasi di formazione della propria comunità prima di diventare quello che è oggi.

Casa de Cultura Permanenta è cominciata quando ci siamo stufati del solito modo di fare business - racconta Dan, co-fondatore. Ci stavamo lentamente evolvendo dall'essere giovani dipendenti a giovani imprenditori, e inoltre in persone consapevoli dal punto di vista del sociale e dell’ambiente. Ci siamo resi conto che qualcosa non va nel sistema. Abbiamo iniziato ad essere attivisti, e come attivisti abbiamo imparato di più su come funziona la società, sul fatto che il sistema democratico in realtà non é al servizio di tutti, ma solo di parte della società. Abbiamo anche capito che parte del problema è che come società ci isoliamo in noi stessi come individui e specie da tutto il resto e che tendiamo ad esternalizzare ciò che non vogliamo affrontare. Qualcun altro se ne occuperà. A quel tempo eravamo già consumatori locali, compravamo nei negozi di usato, cercando di non utilizzare nulla di nuovo e di riciclare quanto possibile. Abbiamo iniziato a mettere in discussione il modo in cui facevamo affari, avevamo una pensione: Stiamo facendo felice qualcuno? Tutto questo aiuta qualcuno, la società? Abbiamo anche capito quanto fossero schizofreniche alcune delle nostre azioni: protestavamo contro Coca Cola, Pepsi, alcune birre che hanno distrutto l'ultima fabbrica di birra in città e poi tornavamo alla nostra pensione e le vendevamo ai clienti. Che senso ha? Siamo coerenti con ciò in cui crediamo e agiamo di conseguenza? O ci limitiamo a gridare e aspettiamo che qualcun altro cambi le cose?

Cosi hanno deciso di essere parte del cambiamento. In pochi mesi hanno chiuso la pensione, rimanendo soli nella grande casa. La sera dopo la chiusura ufficiale, Dan e Adele si sono messi a sedere attorno ad un tavolo per decidere cosa avrebbero fatto in seguito.

Ad agosto 2013 eravamo qui, in questa casa grande e vuota. Non avevamo bisogno di tanto spazio per noi stessi. Abbiamo cominciato a vedere la cosa in termini di permacultura: abbiamo delle risorse. Cosa possiamo farne? Potremmo aprire questo posto, ma cambiando il paradigma. Invece di vendere un servizio, lo offriamo. Offriamo quello che abbiamo agli altri, senza aspettative. Permetteremo a tutti di dormire qui, se ci sono letti liberi, e offriremo tutto quello che c’é in casa, limitandoci a chiedere di replicare l'economia del dono. Offriamo questo spazio anche per eventi, con la stessa richiesta: non chiedete ai partecipanti un prezzo,siate inclusivi, accettate tutti e potrete stare qui quanto desiderate.

L'inizio non è stato facile. Dan e Adele, volendo mantenere gli standard precedenti, hanno introdotto un sacco di regole, come pulire, come lavare i piatti per risparmiare acqua, come passare l’aspirapolvere sulla scala, come utilizzare il riscaldamento. Avevano un sacco di persone che venivano attraverso couchsurfing, woofing, workaway, a volte più di 10 persone alla volta. La maggior parte venivano solo per un breve periodo, senza dare la minima occhiata a tutte quelle regole.

A poco a poco ci siamo rilassati e abbiamo capito che nessuno leggeva le regole. Alla fine ne abbiamo solo due: lascia le cose come le hai trovate e non fare nulla a meno che tu non voglia. Questo è il risultato di un esperimento. Volevamo incentivare il fatto di assumersi le responsabilità e di essere proattivi.

La creazione di una comunità ha avuto i suoi alti e bassi. Da un lato, la fiducia mostrata verso gli altri è valsa la pena e ha portato tante belle storie. D'altra parte, diverse persone non erano pronte a impegnarsi nella costruzione della comunità, la maggior parte della responsabilità era ancora sulle spalle di Dan e Adela, che hanno cercato di organizzare incontri, avviare discussioni. Con il tempo si sono concentrati sempre più sulle attività esterne, il Repair Café, eventi in città, avendo sempre meno tempo per ospitare. Così hanno deciso di cambiare idea.

Abbiamo chiuso col couchsurfing e abbiamo iniziato ad accettare come volontari solo coloro che mostrano l’intenzione di contribuire al progetto,che hanno competenze utili. O che vogliono fare qualcosa di specifico in città. Da allora, abbiamo avuto pochissimi volontari. Raluca ha iniziato a collaborare con noi nel gestirli. Diana ha iniziato ad aiutarci con gli eventi. Ovidiu si è presentato in aprile, è venuto appositamente per lavorare al Repair Café. Poi abbiamo Andrei e Ian che sono venuti in seguito e sembrano essere coinvolti in ciò che stiamo cercando di fare: sviluppare diversi modelli e rappresentarli all'interno delle nostre ONG.

Tutte le persone menzionate hanno le loro storie di cambiamento. Diana gestisce la Society for Responsible Consumption (Società per un Consumo Responsabile) in Aiud, un villaggio nel circondario, Andrei lavora per il Centro Romeno di Formazione e Ricerca per la Pace (Peace Action Training and Research Institute of Romania), mentre Ian ha fondato Priceless Vitality, un sito web che collega persone che hanno bisogno di cure mediche in senso lato con coloro che possono fornirle. Ognuno di loro porta in dono qualcosa di speciale alla comunità della Casa. Possono essere workshop, contribuire al Repair Café, portare a spasso i cani e prendersi cura dei gatti, raccogliere cibo buttato via dai supermercati. E ciò che è più importante, tutti remano nella stessa direzione.

Apprezziamo la collaborazione, la consapevolezza sociale e ambientale nel fare impresa e cerchiamo di sviluppare alcuni modelli non necessariamente focalizzati al profitto al fine di mettere in discussione l'attuale paradigma: non si può fare business senza scopo di lucro. Abbiamo anche forte attenzione per le risorse locali. Cerchiamo di mettere in pratica l'economia circolare in termini di utilizzo delle risorse e di energia della nostra regione, non importando da fuori. Lo stesso vale per i servizi: li offriamo per la comunità locale, non per l’esterno. Stiamo creando una rete di resilienza nella nostra regione: persone che fanno scarpe, quelle che producono cibo, quelle che fanno vestiti, che possono sostenere l'un l'altro se il commercio mondiale si ferma o non è più possibile, per vari motivi. Ci siamo spostati sull'economia circolare nel 2015. Se prendiamo risorse dal sistema, cerchiamo di usarle il più possibile e le restituiamo al sistema, invece di un modo lineare di pensare nel quale si prende qualcosa,la si usa e la si getta in un altro posto. Le risorse sono limitate e se prendiamo qualcosa dal sistema dovremmo sforzarci di reimmetterlo nel sistema. In questo momento siamo attivi con il progetto del Repair Café, che sta andando abbastanza bene. Abbiamo iniziato con eventi saltuari in città, ovunque la gente ci ha potuto ospitare. Ora abbiamo tre locali che dobbiamo organizzare. Uno è già pieno di materiale.

La gente porta oggetti rotti, arnesi, materiale vario, e il Repair Café li aggiusta, li restituisce, a volte li vende, a volte fabbrica qualcosa di nuovo, a volte ricicla. Lavorando con partner locali stanno riuscendo a sensibilizzare la gente e a promuovere sia l’economia circolare che l’economia del dono.

Scambiare nella maggior parte dei casi riguarda te stesso. Ottengo qualcosa e valuto quanto devo dare in cambio. Non riguarda gli altri, é solo il tuo scambio, quello che dai, quello che ottieni. Con l'economia del dono l'attenzione passa da quello che voglio a ciò di cui altre persone hanno bisogno. Da quello che ho a quello che posso fare per te. Non si tratta di scambiare, ma di dare. puoi dare ciò che hai, vai e interessati degli altri e scopri come puoi essere d'aiuto. Nell’economia del dono, dove nulla è richiesto in cambio, l'attenzione non è su sé stessi, ne sul rendiconto: Ci sto perdendo o ci sto guadagnando? La cosa più importante è che non si può dare ciò che non si ha. Puoi dare solo quello che senti di non perdere. Capacità, cose, tutto ciò di cui non hai bisogno, ciò che puoi dare via. Cambia il modo in cui le persone si relazionano tra di loro.

Richiede, tuttavia, di saper distinguere tra le tue reali esigenze e ciò che sono solo voglie.

Semplicità volontaria è un concetto per cui è importante distinguere tra bisogni e sfizi. Degli sfizi si può fare a meno, dei bisogni no. L'obiettivo è quello di coprire le esigenze di tutti e non di concentrarsi sulle voglie: un’auto più veloce, l’ultimo modello di computer, ecc … A volte gli sfizi sono possibili, a volte no, e non c’è bisogno di soffrire per questo.

Questo concetto è in qualche modo simile al Buddismo e altre filosofie che si basano sulla consapevolezza e sull’essere qui e ora, che sono presenti nella Casa, sia in forma di workshop regolari di yoga o meditazione che nelle discussioni e nelle azioni quotidiane.

Il Buddismo dice che tutto è sofferenza, che è necessario distaccarsi. Di nuovo si parla di voglie e bisogni. Sii soddisfatto con le tue esigenze. Essere felici e appagati, perché no? Essere in grado di praticare l’economia del dono dipende dall’avere le proprie esigenze soddisfatte, purché siano essenziali: compro le cose nei negozi di seconda mano, mangio cibo locale, non voglio banane, mandarini, caffè che devono essere importati, sto bene senza. In questo senso non ho bisogno di molto, quindi posso permettersi di dare. E dare, come sempre, ripaga. In tre anni siamo a regime, non siamo mai stati a corto di soldi per pagare le bollette. Ma la maggior parte delle volte che ho fatto qualcosa l’ho fatto perché volevo e la gente ci ha fatto donazioni o dato informazioni su borse di studio disponibili lo ha fatto perché voleva, non perché doveva.

La gente apprezza l’idea della Casa, vuole tornare, stare qui. Dal primo momento ci si sente come a casa. Le regole sono semplici: se non c’è alcun nome su una cosa - e non ne abbiamo mai visti nei 10 giorni che abbiamo trascorso lì - appartiene a tutti. Oggi non ci sono norme rigorose nella Casa, nessuna riunione settimanale; ma rituali che aggregano la comunità ci sono, tipo le crepes la domenica a colazione, il giretto del sabato al mercato delle pulci o cucinare per gli altri. Siamo passati di qui in inverno, in questa parte dell'anno il soggiorno è la parte più fredda della casa, quindi non sempre siamo stati in grado di incontrarci gli altri. Ma quando è successo è finita sempre con conversazioni interessanti, importanti. Ogni giorno ha portato nuove idee. Anche se non c'è stato molto lavoro fisico da fare, il cambiamento stava avvenendo.

Fai. Sii. E' così semplice. Viviamo nella continua illusione che una data cosa non è possibile. Concediti la possibilità di aver torto. Non sei una brutta persona se fai degli sbagli. Basta non fare gli stessi errori, fanne di nuovi. Puoi chiedere scusa, pentirti, aggiustare il tutto. Naturalmente sarebbe giusto osservare prima di agire, ma a volte sbagli comunque. Siamo la miglior persona che possiamo essere. E possiamo essere felici di questo.

 
 

Ulteriori informazioni su Casa de Cultura Permanenta

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