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Di nuovo sulla paura


 

Ho già scritto un post sulla paura, ma sento di avere ancora qualcosa da dire a riguardo. Prima di tutto perché recentemente la paura mi ha accompagnato parecchio. E in secondo luogo, perché molte persone mi fanno domande sulla paura. Non eri spaventata? Non hai paura? E quando rispondo “Certo che sì”, la gente reagisce con incredulità, ma anche sollievo.

Ah, quindi capita anche agli altri di avere timori.

Ovviamente ne hanno! Ero nervosa prima di venire in Brasile. Non è la prima volta che vado in un posto completamente nuovo, ma ho provato una sorta di timore vibrare in ogni parte del corpo e della mia mente. Avevo il terrore che non avendo il biglietto di ritorno non ci avrebbero lasciato entrare nell'aereo o non ci avrebbero dato il visto. Avevo paura di passare la notte all'aeroporto di Rio. Ed ero quasi in preda al panico prima di entrare nella città stessa, dopo tutte quelle conversazioni con gente che ci avvertiva di quanto Rio fosse pericolosa. E non fa differenza quanti posti già descritti come pericolosi abbia visitato in passato.

Ma ho avuto paura anche prima. Quando dormivamo in tenda lungo il Cammino, rivedevo nella mia mente tutti quei film dell'orrore visti in passato (fortunatamente non tanti) e l'atlante degli animali selvatici, aperto sulla pagina delle bestie feroci. Quando facciamo l'autostop mi capita di ingannare l’attesa immaginando tutti i peggiori scenari. E ho una grande immaginazione. ;)

In generale, credo che non si tratti di avere o non aver paura. La paura, come ogni altra emozione, è necessaria. La accetto, ma non le permetto di controllarmi. La paura dovrebbe servirmi, non il contrario. Prendo consapevolmente la decisione di andare avanti, non importa quanti viaggi tetri si faccia la mia mente. Certo, a volte la ascolto: ci sono posti in cui non vado, persone a cui non do corda, cose che non faccio. Ma, tutto sommato, non così spesso. Cerco di osservare la mia paura per distinguere un avvertimento importante da uno immaginario. Non è facile. Non funziona sempre. Sto imparando ad osservare la mia paura da distante. Notarla, quando appare. Capire cosa vuole dirmi. Ammetto apertamente di essere spaventata. Avviso - soprattutto Andrea - che ho paura e questo potrebbe influenzare le mie reazioni. Chiamo la mia paura per nome. A volte cerco di immaginarmi come appare. Dove risiede nel mio corpo. Notata, apprezzata, la paura perde parte del suo potere. Diventa una compagna, ma non il capo. Quella che consiglia, ma non detta le regole.

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