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Avete mai fatto delle gaffe?



#AskAQestion: avete mai fatto delle gaffe causate delle differenze culturali durante il viaggio?


Qualche settimana fa abbiamo avuto il piacere di essere ospitati ad una lezione universitaria di savoir-vivre, parte del corso di studi di gestione dei progetti sociali. Gli studenti ci hanno fatto diverse domande, una delle quali è stata di menzionare i momenti in cui abbiamo “pestato una merda”, infrangendo qualche norma culturale durante il nostro viaggio. Per quanto semplice possa sembrare, in realtà è stato alquanto difficile ricordare tali momenti. Non perché siamo particolarmente bravi a non commettere errori di etichetta, ma perché nessuno ci fa notare quando lo facciamo.


Molto probabilmente non ci siamo nemmeno resi conto di gran parte delle gaffe che abbiamo fatto. A volte sono venute a galla successivamente, mano a mano che venivamo a contatto con la cultura del posto. Dopo diverse settimane in Indonesia e ore trascorse a discutere con la gente, abbiamo capito che esprimere emozioni, specialmente rabbia o frustrazione, è considerato scortese e non si dovrebbe fare. E sì, ci è capitato di esprimere rabbia o frustrazione parecchie volte prima di rendercene conto. Abbiamo fatto tutti gli errori possibili e immaginabili nel bere il nostro primo mate in Uruguay. Fortunatamente, la gente in quella regione del Sud America tende ad essere schietta e ci ha velocemente aiutato a capire cosa si fa e cosa non si fa. Anche gli aspetti religiosi complicano un po' le cose: ci sono mille regole su chi può entrare nel tempio, cosa è permesso, cosa pulire/purificare prima, dove mettere le scarpe e dove guardare; stesso discorso quando incontri monaci o preti. Ogni singola religione ha le sue regole - e grosse differenze ci sono anche tra confessione e confessione. In Myanmar Anna, una donna, poteva stringere la mano a un monaco buddista e lui poteva chiederci soldi; entrambe le cose sono severamente vietate ai monaci buddisti in Thailandia, dove Anna non poteva nemmeno passare una bottiglia d'acqua ad un monaco, senza un uomo che facesse da intermediario.


È molto più facile pensare a situazioni in cui non conoscere le norme culturali ci ha complicato la vita. Restando in Indonesia, in molti posti mangiare insieme non è un'abitudine. Le donne cucinano la mattina e lasciano il cibo in cucina, chiunque voglia mangiare va li e prende ciò che vuole. Anna non lo sapeva e al suo primo giorno in una casa indonesiana stava morendo di fame nell'attesa di un pasto. A colazione niente. Il pranzo è passato inosservato. Solo la sera ha iniziato a chiedere come funziona con il cibo. Per la persona che la ospitava era così ovvio che il cibo fosse in cucina e chiunque potesse mangiarlo a volontà che non le è venuto in mente di farlo presente - non si è resa conto che altrove le cose sono diverse. In Thailandia la gente difficilmente ti risponde "Non lo so" quando chiedi informazioni. Quindi non è stato facile cercare di capire il trasporto pubblico di Bangkok chiedendo alle persone per strada indicazioni sulla direzione o il numero di autobus corretto da prendere. Non riuscivamo a capire cosa non funzionasse. Salivamo su un autobus, poi qualcuno ci suggeriva di prenderne un altro, anche quello sbagliato, e così via così che ogni volta finivamo per metterci più di 2 ore per andare da un dato punto ad un altro. Solo quando uno dei nostri couchsurfer ci ha spiegato il trucco abbiamo iniziato a chiedere la stessa informazione almeno a 3 persone.


Una delle cose più complicate quando viaggiamo è mettere in fila i meeting e le aspettative delle tante persone che incontriamo: che siano coloro che ci ospitano, i changemaker che intervistiamo, le organizzazioni con cui pianifichiamo eventi. Dobbiamo sempre muoverci con cautela per riuscire a passare del tempo con le persone che ci ospitano e allo stesso tempo assicurarci degli spazi per le interviste o per organizzare workshop. A seconda della cultura i modi di pianificare, comunicare, concepire la puntualità, ma anche le aspettative nei confronti degli ospiti sono molto diverse ed è impossibile conoscere a priori tutte queste sfumature, e sicuramente ci è capitato di offendere qualcuno rifiutando inviti o provando ad aver voce in capitolo, venir via troppo presto da un incontro o tornando a casa troppo tardi, ecc.


C'è un modo per evitare gaffe e incomprensioni culturali? Sicuramente prepararsi prima aiuta: informarsi su una cultura, parlare con le persone che potrebbero conoscerla. Anche se noi non lo facciamo spesso. Piuttosto cerchiamo di basarci su osservazione e empatia: cerchiamo di capire le regole e le routine del luogo in cui siamo e di adattarci ad esse, almeno all'inizio. Se siamo abbastanza a lungo in un posto possiamo provare a suggerire qualche cambiamento, ma questo richiede una profonda comprensione del motivo per cui le cose sono come sono. Parliamo con le persone, quando possibile, della loro cultura e sulle loro convinzioni, ascoltiamo attentamente e cerchiamo di rispettare ciò che sentiamo. Conoscere la lingua aiuta molto. E quando si verifica un malinteso – e prima o poi succede -, cerchiamo di riderci su invece di esserne frustrati o vergognarci. Va detto che di solito la gente sorvola sui nostri errori senza problemi, sapendo che siamo estranei al loro contesto. E anche noi cerchiamo di fare lo stesso: accettare alcune cose invece di combatterle. Accettare che le nostre usanze, la nostra cultura, le nostre convinzioni non sono l'unica via e sicuramente non sono le migliori, le più intelligenti né le più giuste. Restando aperti si può imparare molto, rendendosi conto di quanto i propri usi siano solo convinzioni e supposizioni, non la verità assoluta.


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